Che cos’è l’economia circolare?
L’economia circolare sta a rappresentare un modello di sviluppo al cui centro viene posto la sostenibilità ambientale ed economica del sistema di sviluppo nel quale non esistono più prodotti di scarto, proprio perché la materie di cui questi si compongono vengono riutilizzate ed avviate a recupero in maniera costante e sistematica. Questo sistema di sviluppo si contrappone nettamente a quello cosiddetto “lineare”, ovvero il sistema attuale dettato dal consumismo che consuma materie e prodotti e genera rifiuti. Potremmo definire il concetto di Economia Circolare secondo la definizione che la descrive come una economia autorigenerante. Di fatti in un economia circolare i flussi di materiali sono di due categorie: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. E’ questa la sostanziale differenza fra l’economia circolare e quella lineare: ovvero mentre nell’economia lineare il consumo genera il rifiuto secondo la line estrazione, produzione, consumo e smaltimento, l’economia circolare organizza tutte le attività, ad iniziare da quelle estrattive e di produzione in maniera tale che di fatto il rifiuto non esista, divenendo i materiali di scarto risorse a favore di altri impieghi e di altri soggetti.
L’economia circolare, l’insegnamento di madre natura e la sfida
Ciò che è insito nell’economia circolare è l’insegnamento di madre natura. In natura infatti il concetto di rifiuto non esiste e quello che noi vediamo è un sistema perfetto dove tutto ciò che è vivente, una volta compiuto il proprio ciclo vitale viene recuperato e riutilizzato per creare nuova vita. L’esempio della mela che cade dall’albero è semplice e molto significativo: mela -consumo- resti – trasformazione microorganismi presenti sul terreno – humus – nuova pianta – albero – mela e cosi via all’infinito. Come è facilmente intuibile è un sistema autorigenerante ad impatto zero. L’uomo che, al contrario di madre natura, crea rifiuti, dovrebbe invece riprodurre un sistema analogo a quello presente in natura che sia in grado di recuperare tutti i materiali e i prodotti da lui creati una volta che questi arrivano a fine vita: è il caso delle plastiche, dei prodotti tecnologici, di quelli destinati alla costruzione e di ogni altro materiale creato dall’uomo, evitando che questi entrino in contatto con la biosfera.
L’economia circolare e l’autocompostaggio
L’autocompostaggio replica quello che è il sistema circolare infinito di madre natura. I materiali di scarto organici prodotti dall’uomo come bucce di frutta, pulizie di ortaggi, scarti di produzione agricola, ecc., attraverso questa attività vengono trasformati in compost proprio come accade in natura se questi scarti venissero abbandonati sul terreno. Ecco che, quindi, un potenziale rifiuto come lo scarto organico in generale passa dall’economia lineare (come rifiuto) a quella circolare (come risorsa), trovando il suo impiego ed utilità come fertilizzante naturale nell’orto, nel giardino o su un qualsiasi terreno di campagna.
Cosa cambierebbe con l’economia circolare?
Descrivendo ciò che accadrebbe in senso lato con una economia di tipo circolare, si può intuire che alcuni dei canoni di sviluppo propri dell’economia lineare verrebbero a decadere. Ad esempio si può pensare all’obsolescenza programmata dei prodotti, attrezzature o materiali che siano, che lascerebbe il posto ad un prolungamento dell’uso dei prodotti. D’altronde il prolungamento della vita e dell’uso di materiali aumenterebbe l’essere competitivi sui mercati e ridurrebbe l’impatto ambientale, oltre che creare nuovi posti di lavoro che la UE ha stimato essere in questa fase già più di 500 mila. La programmazione del termine della vita dei prodotti lascerebbe il posto inoltre ad un sistema di recupero dei componenti di cui essi sono fatti reale ed esteso, che non deve generare scarti. E’ fuori dubbio che l’economia circolare per essere reale e diventare la regola deve consentire una redditività in linea se non superiore a quella attuale e deve diventare estesa. A suo favore vi è un risparmio sui costi relativi alla produzione e il dato che il consumatore è portato ad acquistare più un prodotto dell’economia circolare che uno appartenente a quella lineare.
Cosa si sta facendo?
A livello europeo la Commissione intende:
– fissare l’obiettivo comune UE di riciclare il 65% dei rifiuti urbani entro il 2030;
– fissare l’obiettivo comune UE di riciclare il 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030;
– fissare un obiettivo vincolante di collocamento in discarica per ridurre tale pratica al massimo al 10% di tutti i rifiuti entro il 2030;
– rafforzare la collaborazione con gli Stati membri per migliorare concretamente la gestione dei rifiuti;
– semplificare e migliorare le definizioni della terminologia relativa ai rifiuti e armonizzare i metodi di calcolo;
– garantire che i fondi strutturali siano usati per sostenere gli obiettivi della legislazione comunitaria sui rifiuti tenendo presente la gerarchia UE dei rifiuti (che fissa un ordine di priorità in base ai migliori risultati ambientali: dalla prevenzione allo smaltimento mediante collocamento in discarica, passando per la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero energetico);
– proporre criteri minimi relativi a un regime di responsabilità estesa del produttore, che preveda di ricompensare i produttori che commercializzano prodotti più verdi e ne incoraggiano il recupero e il riciclaggio alla fine del ciclo di vita.
– fissare l’obiettivo comune UE di riciclare il 65% dei rifiuti urbani entro il 2030;
– fissare l’obiettivo comune UE di riciclare il 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030;
– fissare un obiettivo vincolante di collocamento in discarica per ridurre tale pratica al massimo al 10% di tutti i rifiuti entro il 2030;
– rafforzare la collaborazione con gli Stati membri per migliorare concretamente la gestione dei rifiuti;
– semplificare e migliorare le definizioni della terminologia relativa ai rifiuti e armonizzare i metodi di calcolo;
– garantire che i fondi strutturali siano usati per sostenere gli obiettivi della legislazione comunitaria sui rifiuti tenendo presente la gerarchia UE dei rifiuti (che fissa un ordine di priorità in base ai migliori risultati ambientali: dalla prevenzione allo smaltimento mediante collocamento in discarica, passando per la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero energetico);
– proporre criteri minimi relativi a un regime di responsabilità estesa del produttore, che preveda di ricompensare i produttori che commercializzano prodotti più verdi e ne incoraggiano il recupero e il riciclaggio alla fine del ciclo di vita.